L'arte
di Paola Dagioni.
Scrivere una presentazione è sempre un compito di grande rilievo
e responsabilità: è nelle prime righe che, infatti, si deve
ottenere l’attenzione del lettore affinché scelga di fermarsi,
di interrompere il flusso delle attività quotidiane e scorrere le
pagine che seguono.
Tanto più questa responsabilità pesa, se,
come in questo caso, chi scrive la presentazione è legato da un rapporto
parentale con la protagonista del volume: ebbene sì, chi scrive è
la figlia di Paola Dagioni.
Un impegno doppio, quindi, grava su queste righe introduttive: primo, coinvolgere
i lettori; secondo, conquistare alle parole un’autorevolezza sciolta
dai lacci e lacciuoli della parentela.
La pittura come memoria, esperienza, fantasia, estro.
Così l’artista Paola Dagioni ha voluto siglare - cogliendo
un suggerimento di Mimmo Coletti - il
suo catalogo che raccoglie una selezione della produzione realizzata negli
ultimi sei anni.
La
memoria.
L’arte non può che essere la trasfigurazione
risultante dalla mescolanza della memoria di sé con quella del proprio
ambiente.
Il
paesaggio – soprattutto - umbro, quindi, rinasce nelle tele dell’artista
scomposto in un retino le cui ascisse sono fornite dalla formazione accademica,
dall’apprendistato presso i maestri dell’arte contemporanei,
dalla frequentazione dei capolavori; le cui ordinate sono costituite dall’osservazionequotidiana
dell’intorno, oggettiva-mente privo, qui in Umbria, degli stridori
e dei contrasti dell’antropizzazione metropolitana.
L’esperienza,
quindi, rimane il nocciolo evidente, persistente, solido della pittura di
Paola Dagioni. Senza mai concedere troppo al naif, senza scadere mai nel
“cartolinesco”, senza mai ossequiare troppo la fotografia.
Il
realismo, infatti, alla base della visione estetica di Paola Dagioni non
si concede senza rielaborazioni, generate magari semplicemente della selezione
e dall’ingrandimento di un particolare – una foglia, un piccolo
animale, un intreccio di rami … - che lasciano intravedere come in
realtà, questa predisposizione al realismo è piuttosto un’indagine
interiore, un’ennesimo transitare verso sentimenti più profondi.
La fantasia.
Di un genere tutto suo, tutto particolare.
Senza cedere ad astrazioni troppo modaiole, tanto di “tendenza”
da essere diventate già ovvie. E’ qui che - a mio parere, emerge
la donna, la madre, la moglie, l’educazione tradizionale della famiglia
d’origine.
La sua fantasia si palesa splendida nei colori, ma rimane pacata nei toni,
nelle modalità d’espressione, nelle icone che sceglie: oserei
dire persino nelle tecniche e nello stile che predilige. Paola ha seguito
sempre la via dell’ordine tenace, dell’organizzazione quotidiana
delle milleattività familiari e lavorative, una dietro l’altra,
senza lasciare indietro nulla di quanto fosse necessario fare. Quest’ordine,
questa costanza e quest’inquadramento emergono anche nella sua arte,
fatta di “tarsie”, di tasselli posti silenziosamente l’uno
accanto all’altro, singolarmente insignificanti ma nella loro somma
rivelatori di un disegno sensato, intenso, frutto di un esercizio quotidiano
umile e riflessivo.
L’estro.
Simile alla fantasia, è quello che
talvolta consente un volo in più ed un brivido più profondo.
Proporrei ai visitatori di questo catalogo di ritrovare l’estro di
Paola Dagioni nei suoi “multipli”, in quei suoi quadri di grandi
dimensioni in cui, oltre al puzzle coloristico, c’è anche quello
generato dall’accostamento di più tele; oppure nei singo lari
excursus fra i corpi femminili – curiosi di se stessi come nel singolare
gioco di rimandi visivi de “Modella allo specchio”; o ancora
nel volo ampio e confuso con il cielo de “L’albatros”,
fino a la vibrazione vitale dei gialli sfondati sui suoi cari azzurri –
ne “Le farfalle gialle”, ad esempio, o ne “Natura morta
con limoni”.
Una bellezza pura, insomma, sciolta da sovrastrutture troppo intellettualistiche
o ideologiche: quella bellezza che io figlia, mi sento di proporre all’emozione
di tutti, senza temere accuse di parzialità.
Laura Marozzi
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